martedì 13 ottobre 2015

Artioli e il Settimontale Sacrum




Tra le principali associazioni della prima metà del XX secolo che hanno rivestito un ruolo di particolare importanza nella diffusione della storia e della metastoria della Saturnia Tellus[1] e di Roma si annovera l’Unione Storia ed Arte[2] (il cui nome originario era Unione Storia ed Arte fra Conferenzieri), società probabilmente non di soli studi archeologici, fondata il 21 aprile 1908 da Romolo Artioli (1879-1958), archeologo e collaboratore di Giacomo Boni (lo scopritore del Lapis Niger e di altri luoghi sacri della Roma arcaica), a seguito di una scissione della Associazione Archeologica Romana creata il 21 Aprile 1902 da Nispi-Landi, discepolo di Ravioli e il primo tra gli autori ad affermare con autorevolezza il ruolo di Roma come centro originario della “prisca sapienza italica”.
Alla Unione Storia ed Arte si associarono esponenti del mondo esoterico romano, tra cui nel 1910 Camilla Mongenet[3], esponente dell’Accademia Vergiliana myriamica,e tra i conferenzieri che ebbero parte nelle attività della Unione va annoverato Guido Di Nardo[4], “Regio Ispettore onorario ai Monumenti per il Lazio”, come si firma nel suo La Roma preistorica sul Palatino, e tra i principali assertori di un significato esoterico (o come egli preferiva dire “misteriosofico”) del mito della Saturnia Tellus, interesse che lo accomunava all’amico Evelino Leonardi, altro importante scrittore della Saturnia Tellus, con il quale condivise le conoscenze sapienziali sul Monte Circeo[5], anche se si dichiarò in altro suo scritto non completamente d’accordo con i risultati dei suoi lavori[6].
Interessanti anche i rapporti di collaborazione che intercorsero tra l’Unione Storia ed Arte e l’Associazione culturale Aborigeni d’Italia fondata il 21 Aprile 1951 da Giuseppe Brex[7], come attestano le manifestazioni tenute al Teatro romano del Tuscolo nell’Estate 1956 (12 e 26 Agosto), organizzate congiuntamente da Brex e da Artioli, il quale scrisse l’introduzione al libro Saturnia Tellus di Brex, il che fa supporre che vi fossero legami di personale amicizia. Anche fra Di Nardo e Brex intercorsero rapporti, forse solo epistolari, come sappiamo da una cartolina postale scritta da Di Nardo a Brex il 6 Luglio 1946, con timbro postale dell’8 Luglio dell’Ufficio di Lanuvio, nella quale si inviano per suo tramite i saluti ad Artioli “e agli amici  della S. e A.”[8].

L’Unione Storia ed Arte  aveva come attività principali[9], a somiglianza di altre associazioni sorte prima o dopo di essa, conferenze gratuite, tenute se possibile in luoghi aperti al pubblico come i Mercati di Traiano, le Terme di Diocleziano o il Colosseo, gite turistiche in luoghi di particolare importanza connessi non esclusivamente con Roma (tra le quali la più importante era considerata quella a Gubbio per la Corsa dei Ceri, ripetuta annualmente), ma anche presentazioni poetiche, comprendenti sia i lavori di nuovi poeti, in particolare romaneschi come Giulio Cesare Santini, che fu anche grande amico di Brex e prese parte alle attività della Aborigeni d’Italia, sia la lettura di opere di grandi autori, quali la lettura integrale della Divina Commedia tenuta al Colosseo. Una particolare importanza ebbe il teatro all’aperto presso la Quercia del Tasso, che fu sede di molte conferenze e di annuali omaggi allo scrittore. Va infine ricordata la visita in Romania nel Settembre 1921 organizzata da Artioli, descritta nel libro sul ventennale di fondazione dell’Unione e riportata dalla Pisani Sartorio nell’articolo citato con ampia documentazione fotografica.

Una meno conosciuta attività di Artioli e della sua associazione fu la rievocazione della festività dei Septem Pagi che venne chiamata con il nome di Settimontiale Sacrum, la cui origine è descritta nel testo sul ventennale di fondazione dell’Unione: per poter comprendere il significato di questa celebrazione è necessaria una digressione sulle scoperte archeologiche che hanno portato al parziale ritrovamento dei Septem Pagi.

 I SEPTEM PAGI: GLI SCAVI SUL MONTE MARIO

La regione di Monte Mario è ricca di ritrovamenti archeologici, in genere scarsamente pubblicizzati, che costituisce l’estrema propaggine nord del Gianicolo, nome con cui si identifica la dorsale collinare che da Monteverde giunge fino a Monte Mario (dove si trova l’Osservatorio Astronomico, per il quale passa il meridiano di Roma). Negli anni tra il 1878 e il  1921[10] erano venuti alla luce a seguito di scavi occasionali resti di ville, sepolcri a camera, necropoli con sarcofagi per inumazione e urne cinerarie in un’ampia area che dalle pendici orientali del Monte Mario sul Tevere giungeva fino a quelle occidentali (presso l’attuale GRA), e in particolare lungo l’antico corso della via Triumphalis, un diverticolo della via Cassia che, percorrendo circa 10 km da La Storta,  giungeva fino all’attuale zona della basilica di San Pietro.  Altri resti (lastricati stradali, epigrafi, colombari, ecc.) vennero anche scavati nell’area pianeggiante tra Monte Mario e il Vaticano (via Candia e adiacenze).

I primi scavi riguardanti i Septem Pagi, iniziati dall’archeologo Innocenzo Dall’Osso e già nel 1922 messi a conoscenza del pubblico[11], avevano riportato alla luce il villaggio di Colle Sant’Agata (nella zona ora conosciuta come Borgata Ottavia presso il GRA, che prende il nome dal sepolcro ipogeo della gens Ottavia presso l’attuale Area di Servizio “Selva Candida interna”) e quello dell’Acqua Traversa (al VII km dell’attuale via Cassia, presso l’inizio di via Cortina d’Ampezzo).

La figura di Dall’Osso richiede una breve digressione: nato ad Imola, allievo di Carducci e condiscepolo di Pascoli, laureatosi nel Maggio 1881 con una tesi di letteratura italiana  (“Rappresentazione dantesca di Sordello. Notizie biografiche negli espositori della Divina Commedia”), ebbe un ruolo importante anche se poco conosciuto negli scavi, oltre che nell’area di Roma, di Pompei e della regione dei Piceni, dove fondò il Museo Nazionale Archeologico di Ancona. A lui è dovuto il ritrovamento nel 1903 a Cuma della “necropoli Osta”, che dimostrò lo strato pre-ellenico della regione campana[12], prova della precedenza di una cultura italica sulla penetrazione greca in quella che sarà la Magna Grecia. Pesanti gli attacchi contro di lui, anche a livello personale oltre che scientifico,da parte di Luigi Pigorini, che per molti anni ne impedirono la carriera nelle Soprintendenze[13]: l’avversione di Pigorini era probabilmente anche causata dalla posizione anti-germanofila di Dall’Osso, che opponeva un’origine autoctona delle popolazioni italiche contro quella nordica asserita dai germanisti, tesi sostenuta da Pigorini e contestata dall’antropologo Giuseppe Sergi[14], tesi seguita da molti tra gli scrittori della Saturnia Tellus, tra cui Evelino Leonardi e Guido Di Nardo, mentre Giuseppe Brex, non ostante la sua ammirazione per Sergi, faceva derivare i Siculi, da lui considerati i primi abitatori dell’Italia, dal ceppo indoeuropeo[15].

Dal 1985 la prosecuzione dei lavori nell’area di Monte Mario ha ampliato i ritrovamenti fatti dal Dall’Osso: è stata portata alla luce una necropoli etrusca riutilizzata in età romana (sulla parte alta del colle tra via Taverna e via Allievo, nei pressi dell’ex Forte Trionfale a nord del Policlinico Gemelli), è stata approfondita la conoscenza del sito di Colle Sant’Agata e nel 1994[16] quello della zona del Fosso di Acqua Traversa (situato ad est del Forte Trionfale e identificabile con il Crèmera[17], noto per la strage della gens Fabia nella guerra contro Veio), di particolare interesse in quanto esso coinciderebbe con il luogo di uno dei santuari arcaici romani che delimitavano i confini dell’ager antiquus, dove si eseguivano i rituali in onore di Robigus, i Robigalia[18]. La compresenza di un oppidum etrusco e di un santuario romano fanno del sito dell’Acqua Traversa “una zona di tangenza – fisica e ideale – fra due sfere culturali opposte se non rivali”[19].

Questi villaggi sono considerati parte della comunità conosciuta come i Septem pagi [20], da non confondere con il Septimontium romano, costruiti dalla città etrusca di Veio intorno al VII-VI sec. a,C, per controllare le vie di accesso verso il Tevere e le saline del litorale di Ostia e a protezione dall’espansione di Roma; dopo la prima sconfitta della città ad opera di Romolo, precedente la definitiva conquista nel 396 a.C., i “sette villaggi” vennero annessi a Roma, e  la zona sarebbe quindi entrata fin dalla prima età regia[21] nel possesso della tribù Romilia[22]; di essi già ne danno notizia gli Autori classici, Dionigi di Alicarnasso[23], Livio[24] e Plutarco[25], e gli studi recenti ne confermano l’alta antichità, risalente almeno al X sec. a.C.

 L’UNIONE STORIA ED ARTE E IL SETTIMONTIALE SACRUM

Fatte queste premesse, vediamo come è descritta l’origine della rievocazione del Settimontiale Sacrum voluta da Artioli e dai suoi collaboratori[26].
Dopo aver ricordato come tra le feste sacre del popolo romano “la più notevole era quella del Natale dell'Urbe (Laurentalia), la cui resurrezione, nei tempi moderni, è dovuta al celebre umanista Pomponio Leto”, l’autore dell’articolo prosegue: “Spettò alla Presidenza dell'Unione Storia ed Arte la splendida idea di rimettere in onore un'altra festa, assai più antica, quella del Settimontiale Sacrum”.
Il motivo era stato il ritrovamento, avvenuto negli anni precedenti, dei siti archeologici sul Monte Mario di Roma, scoperta criticata all’inizio degli anni ’70 dall’illustre Piganiol come “un antico e povero insediamento di cui si è esagerata l’importanza”[27] ma poi compresa in tutta la sua importanza per la ricostruzione della storia della Roma preurbana e protourbana, siti identificati con l’insieme di insediamenti a cui gli scrittori classici avevano dato il nome di Septem Pagi (tradotto da Dionisio di Alicarnasso con il greco Eptapagion): “Com'è noto le ricerche del Prof. Innocenzo Dall'Osso, a Monte Mario, hanno rivelalo, non solo l'esistenza d'un villaggio romuleo, che risale al principio del secolo VIII, ma anche le traccie, presso il torrente dell'Acqua Traversa, di altri abitati più antichi, ossia dei pagi extraurbani dell'Eptapagiondel Gianicolo, anteriori all'arrivo dei Proto-Etruschi nel Lazio (circa l'anno 1000 a. C.). Come conclusione delle sue ricerche il Dall'Osso ha dimostrato che l'Eptapagion, ricordato da Dionisio e da Plutarco ecc., equivale al Settimontium Janiculense, di cui, in seguito alla distruzione dei più antichi documenti, avvenuta con l'incendio gallico, si era spenta la memoria o si era confuso col Settimontiumdella Cinta Serviana. Dalle stesse ricerche risultò che i sette pagi del Gianicolo furono le prime sedi degli aborigeni Quiriti, il primo e il più numeroso dei due gruppi etnici, che costituirono il popolo romano, ricordati nella formula ‘Populus Romanus et Quirites’. È quindi indubitato che la festa dei Septimontes, ossia dei sette pagi (pagi equivale a monti, secondo Dionisio), precedette di qualche secolo quella del Natale di Roma”.
Il significato della festa viene visto nella sua valenza di rito in onore degli Antenati collegato al Solstizio d’Inverno: “Ciò che accresce l'importanza di detta festa, è che, come sappiamo da Festo, cadeva all'11 dicembre (III idus Dec.), giorno dei solstizio d'inverno, e si celebrava specialmente con sa­crifici ai morti ed alle divinità catactoniche. Il che significa che con essa si solennizzava, insieme alla fondazione dei sette pagi, anche il trapasso dalla stagione estiva a quella invernale, ossia la morte della vegetazione nell'inverno e il suo risveglio nella primavera, la discesa di Persefone nel regno diAedes [sic] ed il suo ritorno sulla terra. Epperò questa alterna vicenda della vita e della morte fu solennizzata fin dalla più remota antichità, con le feste Cabiriche dei primitivi Pelasgi, trasformatesi, nell’epoca greca, nelle feste Eleusine, riprese poi dai Romani coi Baccanali, degenerati in ulti­mo in turpi orgie private, epperò soppressi con decreto del Senato”[28].
Il Settimontiale Sacrum venne ricordato con una conferenza dello stesso Dall’Osso: “La bella ed interessante rievocazione ebbe luogo il 30 Dicembre 1921, con una conferenza del Prof. Dott. Cav. Innocenzo Dall'Osso, che illustrò la festa delSettimontiale Sacrum”.
Secondo il Dall’Osso[29] i Septem Pagi dovevano essere identificati in sette villaggi disposti sulla dorsale delle colline del Gianicolo, così chiamato in quanto Giano era il principale Dio degli Aborigeni, primi abitatori del Gianicolo i quali a lui avevano dedicato il colle, di cui cinque erano individuabili o mediante deduzioni dai testi degli autori classici o grazie ai ritrovamenti fatti: essi si trovavano in un punto imprecisato del Gianicolo (considerata la presenza di un importante tempio alla Fortuna costruito da Servio Tullio che doveva essere connesso all’esistenza di una precedente popolazione delle pendici del colle), alle falde di Monteverde (presso quello che allora si chiamava Ospedale della Vittoria, poi Ospedale del Littorio, dal 1945 Ospedale San Camillo), nella piana del Colle Vaticano (il cui nome Vaticanus Dall’Osso riteneva essere in realtà derivato da ϝater-Janus, scritto col digamma), sul Colle Sant’Agata a Monte Mario e allo sbocco dell’Acqua Traversa nel Tevere, dove egli aveva effettuato gli scavi; gli ultimi due ancora non erano stati identificati.

Questi pagi erano di origine non etrusca ma pre-etrusca, per Dall’Osso costruiti dagli Aborigeni, popolazione di ceppo greco venuta in Italia prima dell’arrivo degli Elleni in Grecia, che, dopo essere stati cacciati dal Gianicolo sulla sponda opposta del Tevere ad opera degli Etruschi, popolo di origine nordica, abitarono col nome di Quiriti il colle che da loro prese nome di Quirinale; qui essi furono in guerra con un altro popolo di origine nordica, quello degli Albani stanziati sul Palatino (Dall’Osso è contrario a identificare gli abitanti del Quirinale con i Sabini, ritenuta da lui una tribù di poco conto). In queste affermazioni del Dall’Osso si ritrova la lotta tra la teoria indo-germanica, allora in voga, e la teoria mediterranea che andava sviluppandosi grazie all’opera dell’antropologo Sergi, la quale opponeva alla civilizzazione dell’Italia da parte di genti venute dall’area “germanica” quella dovuta a stirpi italiche, che nel caso di Roma, come Dall’Osso scriveva,  si identificava con “i prisci Latini, popolo misto di Aborigeni e di Albani, che si riannoda agli antichi Pelasgi, popolo di origine mediterranea, i cui velieri già nel secondo millennio av. C. solcavano il mare, diffondendo nelle più remote contrade la loro civiltà” (p. 370 – però a p. 360 aveva definito gli Albani “di origine nordica!), tesi già avanzata nell’800 da Mazzoldi [30].
L’antichità dei Septem Pagi affermata dal Dall’Osso, almeno per l’insediamento del Colle Sant’Agata, è confermata ai nostri giorni dall’analisi della prima fase abitativa del sito, che viene fatta risalire all’Età del Ferro (X sec. a.C.), quindi in epoca precedente la formazione della nazione etrusca, con una successiva riattivazione nel periodo etrusco a metà del VII secolo[31].
Dei sette pagi gianicolensi l’autore dell’articolo scrive che ”furono le prime sedi degli aborigeni Quiriti, il primo e il più numeroso dei due gruppi etnici, che costituirono il popolo romano”, due, cioè Albani e Quiriti-Aborigeni, e non tre come affermano gli scrittori classici, Latini (Ramni), Sabini (Tizi) e forse Etruschi (Luceri).


IL SEPTIMONTIUM GIANICOLENSE E IL SEPTIMONTIUM “ROMANO”

Occorre distinguere tra il Septimontium Janiculense e il Septimontium “romano”[32], di cui a Roma rimanevano tracce poco comprensibili già al tempo degli autori classici.
L’arcaicità di quest’ultimo come entità territoriale è riconosciuta dal fatto che esso, costituitosi attraverso fasi successive di aggregazione delle più antiche entità territoriali, giunse a comprendere, secondo la testimonianza di Labeone, otto e non sette entità territoriali (probabile che septi- sia in realtà saepti-, cioè “monti separati” dal resto del territorio, ancora non “romanizzato”), cioè Palatium, Germalus, Velia, Fagutal, Subura–Carinae, Quirinalis, Viminalis ed Esquiliae, dai quali risulta escluso il Capitolium per la sua natura di “luogo sacro” e quindi superiore per importanza ai luoghi diremo “laici” in cui risiedeva la popolazione.
Per questo motivo secondo Carandini la costituzione del primo Septimontium (attribuibile al pieno IX sec.), seguente la formazione del Trimontium (Palatium, Germalus e Velia – seconda metà X sec.) e poi del Quinquimontium (gli stessi con l’aggiunta di Fagutal e Subura – fine X o inizio IX sec.), costituirebbe la Roma preurbana precedente la nascita della Roma di Romolo. La celebrazione del Septimontium “romano”, come è possibile ricostruirla dagli scarsi elementi a disposizione, è una festività di età regia (anche se annotata solo in calendari di epoca tarda), la cui data è dai moderni posta all’11 Dicembre in corrispondenza degli Agonalia Indigeti ma sono possibili altre date, il giorno successivo gli Agonalia nella testimonianza di Festo[33] o ancora in un giorno seguente le Larentalia del 23 Dicembre considerando quanto scrive Varrone[34], il che ha fatto pensare che la data della festività fosse variabile, come già al tempo di Artioli scriveva Vaccai[35].
Il Septimontium gianicolense avrebbe un’antichità maggiore di quello “romano”, il che è archeologicamente corretto visto che i Septem Pagi dalle analisi oggi effettuate si possono far risalire almeno al X secolo, cioè all’Età del Ferro (per Dall’Osso all’Età del Bronzo), e sarebbe quindi precedente la fondazione sia del Septimontium “romano” che, ancor più, della Roma romulea. Non si comprende la coincidenza che nell’articolo sul ventennale dell’Unione Storia ed Arte viene posta tra Larentalia e Natale di Roma (“la più notevole [festa] era quella del Natale dell'Urbe (Laurentalia)”): curiosa affermazione, visto che all’epoca[36] già si sapeva che i Larentalia del 23 Dicembre celebravano la parentatio di Acca Larentia, mentre la fondazione di Roma aveva il suo sacrum nei Parilia di Aprile. Si voleva forse sottolineare lo stretto rapporto tra la fondazione di una città e i rituali in onore dei suoi Antenati, come diremo più avanti?
Con un’ardita ipotesi l’autore dell’articolo considera il Settimontiale sacrum come originariamente eseguito per il Septimontium Janiculense e poi trasferito al Septimontium “romano”, perché ne sarebbe andata perduta la documentazione originaria nell’incendio gallico del 390 a.C.: nulla appoggia quest’idea ma è indubbiamente suggestiva, e potrebbe trovare conferma nel significato che viene attribuito al Settimontiale, il quale “si celebrava specialmente con sa­crifici ai morti ed alle divinità catactoniche” nella ricorrenza del“giorno dei solstizio d'inverno”. Per tale motivo esso viene messo in relazione con “la discesa di Persefone nel regno diAedes [sic] ed il suo ritorno sulla terra” e quindi con i riti in onore dei Grandi Dèi di Samotracia ed i Misteri Eleusini (che per altro si tenevano i primi in data non conosciuta e i secondi in due tempi, Primavera e Autunno, e non a Dicembre). Vaccai[37] aveva già osservato che “le due feste [degli Agonalia di Dicembre e del Septimontium] avevano il loro fondamento nel medesimo principio religioso, il culto degli Dèi Mani”, e da ciò sarebbe sorta la confusione fra di esse presso gli autori classici.
Ogni città, come un gruppo consociato di pagi, rendeva un culto particolare agli Antenati fondatori, e questa persistenza del legame con essi costituiva la garanzia del benessere della città e dei suoi abitanti a tutti i livelli, sia sacrale che materiale. La prossimità con il Solstizio d’Inverno, che nella Roma di età regia costituiva il momento in cui cadevano i Larentalia in onore di Acca Larentia considerata “antenata” del popolo romano, faceva coincidere la celebrazione del Septimontiumcon il periodo di morte e rinascita del Sole con tutte le valenze sapienziali e materiali ad esso connesse.
Certo non possiamo dire se per Artioli e l’Unione Storia ed Arte la rievocazione del Settimontiale sacrum janiculense avesse solo un significato archeologico o se si trattasse di un tentativo di riattualizzare un rituale antico a favore dell’Urbe e dei suoi cittadini, ma vi sono indizi per ritenere che in altre occasioni e circa nello stesso tempo si fosse cercato di ripristinare da parte di gruppi qualificati antichi riti per motivi diversi, e ci riferiamo in particolare a quanto scritto  da “Ekatlos” (Luigi Caetani?)  sulla rivista Krur [38] a proposito di un “rito celebrato [a partire dal Dicembre  1913] per mesi e mesi, ogni notte, senza  sosta. E noi sentimmo accorrervi forze di guerra e forze di vittoria” che avrebbero propiziato la vittoria finale nella Grande Guerra, e questo in un periodo in cui cominciavano “a manifestarsi segni che qualcosa di nuovo richiamava le forze della tradizione italica”.
Non è sicuramente un caso che tutta la prima metà del XX secolo sia costellata di eventi, di personaggi, di pubblicazioni che alla Tradizione italica facevano riferimento.


BIBLIOGRAFIA

AA VV L’Unione Storia ed Arte nel XXV anniversario della fondazione, Tip. Istituto Pedagogico Forense, Roma 1932

AA VV (a cura di F. Coarelli) Gli scavi di Roma 1878-1921, ed. Quasar, Roma 2004

BREX Saturnia Tellus (Terra dei Siculi), Tip. Regionale, Roma 1944

CARANDINI La leggenda di Roma, Fondazione Lorenzo Valla – Mondadori, Milano 2014 vol. IV

COARELLI Septem pagi, in Lexicon Topographicum Urbis Romae: Suburbium, vol. V, ed. Quasar, Roma 2008

DALL’OSSO Una nuova visione di Roma primitiva, in “Nuova Antologia” anno LVIII n° 1242, Dicembre 1923

DI NARDO La Roma preistorica sul Palatino, Tip. Sannibale, Albano Laziale 1934 (ristampa ed. Libreria Aseq, Roma 2009)

DI NARDO Il preistorico culto infero del Vulcano laziale sul Campidoglio di Roma, Tip. Zampetti, Velletri 1942

GALIANO Roma prima di Roma, metastoria della Tradizione italica, ed. Simmetria, Roma 2011

GALIANO e VIGNA Il tempo di Roma, ed. Simmetria Roma 2013

GALIANO Giuseppe Brex e la Saturnia Tellus, sul sito www.ereticamente.net (2015)

GALIANO Giuseppe Brex, L’ultima voce della Saturnia Tellus, sul sito www.academia.edu (2015)

GIORGIO Roma Renovata Resurgat, Settimo Sigillo, Roma 2011

PISANI SARTORIO Il viaggio dell’Unione Storia ed Arte in Romania nel 1921, in “Bollettino di Numismatica” n° 4 2014

PIZZATO Per una storia antropologica della nazione. Mito mediterraneo e costruzione nazionale in Giuseppe Sergi (1880-1919), in “Storia del pensiero politico, Gennaio-Aprile 2015

VACCAI Le feste di Roma antica, ed. Fratelli Bocca, Milano 1902 (rist. ed. Mediterranee Roma 1986)

VISTOLI Emergenze storico-archeologiche di un settore del suburbio di Roma: la tenuta dell'Acqua Traversa: atti della Giornata di studio, Roma, 7 giugno 2003, Comune di Roma XX Municipio, Roma 2005

VISTOLI Roma (via Cassia loc. Acqua Traversa) – Insediamento etrusco sulla Collina INA, in “Notizie degli scavi di antichità”, Serie IX vol. XIX-XX, 2008pp. 143 - 184

VISTOLITra Veio e Roma. Contributo all’individuazione dei markers territoriali di due “comunità cittadine organizzate”della bassa valle del fiume Tevere, Atti del Convegno Giovani Archeologi, Sassari Settembre 2006, ed. Nuova Stampa Color, Muros 2009

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[1] Con il termine Saturnia Tellus si indica una corrente di pensiero che afferma la precedenza della civiltà degli antichi popoli italici rispetto a quelle del bacino del Mediterraneo, civiltà a cui questi scrittori dettero il nome di Saturnia Tellus o Terra di Saturno, rifacendosi alla mitica Età dell’Oro di Saturno, di cui gli scrittori classici, sia latini che greci, avevano parlato nelle loro opere. Per uno studio sull’argomento e sugli autori che ne trattarono tra il XVIII e il XX secolo rimandiamo a GALIANO Roma prima di Roma, metastoria della Tradizione italica

[2] Secondo la PISANI SARTORIO Il viaggio dell’Unione Storia ed Arte in Romania nel 1921 lo statuto dell’Associazione venne approvato il 6 febbraio 1927 e pubblicato nel Bollettino dell’Unione Storia ed Arte dello stesso anno. Attualmente l’Associazione non è più esistente ma è tutt’ora attivo il Bollettino dell’Unione Storia ed Arte, la cui testata è stata acquisita nel 2006 dal Gruppo Archeologico Latino-Colli Albani “Bruno Martellotta” con sede a Grottaferrata, di cui è direttore Paolo Dalmiglio e direttore responsabile dal 1997 Giuseppina Pisani Sartorio.

[3] GIORGIO Roma Renovata Resurgat vol. I p. 208.

[4] AA VV L’Unione Storia ed Arte nel XXV anniversario della fondazione p. 87 (d’ora in poi citato come Fondazione).

[5]“Strada facendo egli mi raccontava la strana storia di come fu iniziato ai misteri del Circeo” (DI NARDOUna esplorazione Geo-archeologica sul Circeo con Evelino Leonardi, “Il Nuovo Stato”, parte I nn. 10–11–12 anno VIII, 1939 e parte II nn. 4 -5 anno IX, 1940). In Il culto antroposofico dell’Io nell’antico Egitto (“Biblioteca dei Curiosi” n° 39 del luglio 1953) Di Nardo specifica che tale frequentazione sul Circeo ebbe luogo negli anni “1936 – 37 - 38, quando il Leonardi attendeva nel Villino Blanc alla compilazione del suo libro sulla Crisi della Medicina”.

[6] DI NARDO ne Il preistorico culto infero pag. 27  a proposito dei lavori di Leonardi scriveva: “Con molte riserve vedi Le Origini dell’uomo e L’Unità della Natura di Evelino Leonardi” (sottolineatura nostra).

[7] Una biografia di Brex si può trovare su www.academia.edu/14865610/BIOGRAFIA_DI_GIUSEPPE_BREX (GALIANO Giuseppe Brex, L’ultima voce della Saturnia Tellus).

[8] La cartolina, riportata in GALIANO Giuseppe Brex e la Saturnia Tellus su www.ereticamente.net/2015/07/giuseppe-brex-e-la-saturnia-tellus.html, si trova in originale nel Fondo Brex e porta scritto in alto a sinistra: “Spedisce G. di Nardo – Lanuvio” (con la d minuscola).

[9] Le notizie sono tratte da Fondazione.

[10] AA VV Gli scavi di Roma 1878-1921 (a cura di F. Coarelli) passim.

[11]PALMARINI Le scoperte del prof. Dall’Osso a Monte Mario, Nuova Antologia LXVI, Roma 1922 pp. 253-259;

più recente: CAPRINO Roma (Via Trionfale). I ritrovamenti di Innocenzo Dall' Osso sul colle di Santa Agata in Monte

Mario, Accademia Nazionale dei Lincei,  Roma 1955 pp. 195-268.

[12] NIZZOCronologia versus Archeologia. L’“ambiguo” scorrere del tempo alle soglie della “colonizzazione”: i casi di Cuma e Pithekoussai, in “Contestualizzare la prima colonizzazione”, Atti del Congresso Giugno 2012.

[13]DALL’OSSO e NIZZO Da Carpi a Capri. Innocenzo Dall’Osso e Luigi Pigorini: origini, esiti e conseguenze di un dissidio (1895-1908) in 150 anni di preistoria e protostoria in Italia (a cura di A. Guidi), Ist. Italiano di Preistoria e Protostoria, Firenze 2014.

[14] Giuseppe Sergi (Messina 1841 – Roma 1936) distinse nella popolazione italiana due differenti razze, l’una brachicefala presente nel Nord, che riteneva derivata dalla commistione degli autoctoni con i brachicefali del nordest europeo, cioè gli “ariani” dei germanisti, e l’altra dolicocefala tipica del Sud e rimasta più pura rispetto alla precedente. Fino ad allora, scrive la PIZZATO in Per una storia antropologica della nazione, “gli studiosi italiani avevano cercato di fondere la tradizione romana con l’ideale ariano. Sergi al contrario si oppose ad ogni ipotesi che avvicinasse tra loro la civiltà romana ed ariana”.

[15] BREX Saturnia Tellus p. 16.

[16] VISTOLI  Tra Veio e Roma.

[17] VISTOLI Insediamento etrusco della Collina INA p. 147.

[18] VISTOLI Insediamento etrusco della Collina INA p. 150.

[19] VISTOLI Insediamento etrusco della Collina INA p. 153.

[20]VISTOLI Emergenze storico-archeologiche; COARELLI Septem pagi, in Lexicon Topographicum p. 60.

[21] CARANDINI La leggenda di Roma, vol. IV pp. 317-318.

[22]FESTO De verb signif  XVI sub voce: “Tribù Romulia: venne chiamata così perché risiedente nel territorio che Romolo aveva conquistato ai Veienti”.

[23]DIONIGI DI ALICARNASSO II, 55, 5: “Questo fu il terzo trionfo riportato da Romolo, di gran lunga più splendido dei precedenti. Quando non molto tempo dopo arrivò un'ambasceria dei Veienti per trattare la fine della guerra e chiedere perdono degli errori, Romolo pose loro queste condizioni: cedessero ai Romani il territorio vicino al Tevere, i cosiddetti Sette Villaggi, lasciassero le saline presso la foce del fiume e dessero cinquanta ostaggi per garantire che si sarebbero astenuti da nuove rivolte”; V, 31, 4: “Quanto a lui (= Porsenna), gli ambasciatori avrebbero dovuto chiedere, in cambio del suo metter fine alla guerra, i cosiddetti Sette Villaggi: anticamente questo territorio era appartenuto ai Tirreni, ma i Romani con una guerra se n'erano impossessati e l'avevano occupato”.

[24]LIVIO Hist II, 13, 4, ma non cita il nome del luogo che i Romani avrebbero dovuto restituire a Porsenna.

[25]PLUTARCO riferisce in Rom XXV, 4 la stessa storia di Dionigi.

[26] Fondazione pp. 51-53; riportiamo parte del testo dell’articolo così come scritto nell’originale.

[27] PIGANIOL Le conquiste dei Romani, ed. Il Saggiatore, Milano 1971 p. 573.

[28] Riferimento al senatus consultum de Bacchanalibus del 186 a.C., il cui testo è contenuto in un’epigrafe ritrovata nel XVII sec. a Tiriolo presso Catanzaro.

[29] DALL’OSSO Una nuova visione di Roma primitiva, in “Nuova Antologia” anno LVIII n° 1242, Dicembre 1923 pp. 350-370. Come il Dall’Osso riportava nella nota iniziale, l’articolo era il “riassunto di una conferenza tenuta nello scorso marzo all’Associazione tra i Romani, per iniziativa della Unione Storia ed Arte”, per la quale in precedenza era stata tenuta quella che lui definisce “la nota conferenza” (p. 370).

[30] L’opera di MAZZOLDI Delle origini italiche e della diffusione dell’incivilimento italiano all’Egitto, alla Fenicia, alla Grecia e a tutte le nazioni asiatiche poste sul Mediterraneo (Milano 1840) è stata da noi analizzata in GALIANO Roma prima di Roma.

[31] VISTOLI Insediamento etrusco della Collina INA p. 173.

[32] Sull’argomento si veda GALIANO e VIGNA Il tempo di Roma p. 95 nota 195 e pp. 376-377.

[33] FESTO De verb signif  XVII sub voce “Septimontium”: “Si chiama così un giorno del mese di Dicembre che viene dopo quello che nei Fasti è detto Agonalia”.

[34] VARRONE De lingua latina VI 3 lo pone dopo le Larentalia ma senza specificarne la data.

[35] VACCAI Le feste di Roma antica p. 31.

[36] Si veda ad esempio VACCAI Le feste di Roma antica pp. 204-205.

[37] VACCAI Le feste di Roma antica p. 31.

[38] Riprodotto in Introduzione alla Magia, Roma 1971, vol. III pagg. 380-383.